• Archivi

  • Foto Ammazzatecitutti Lombardia

Lontate Pozzolo-Legnano: la cosca della ‘ndrangheta che controlla il territorio

Fonti: www.varesenews.itwww.repubblica.itwww.affaritaliani.it

23 aprile 2009: la conclusione delle prime indagini

Si conclude un’indagine aperta dal 2005 con ben 39 arresti effettuati all’alba di stamattina. Sventrata una compagine criminale di stampo mafioso riconducibile alla ‘ndrangheta, affiliata alla cosca Farao-Marincola della provincia di Crotone, operante nelle province di Varese e Milano, ed in particolare nelle zone di Lonate Pozzolo, Busto Arsizio, Gallarate, Malpensa e Legnano. I protagonisti di questa associazione criminale sono accusati di tentato omicidio, di numerose estorsioni a locali pubblici, commercianti e imprese di Varese e Legnano, rapine, usura, incendi, traffico di armi e di esplosivi, riciclaggio, finalizzati ad un meticoloso accumulo di capitali destinati ad essere riciclati in Italia e all’estero per conto di interessi criminali. La banda che ha agito nel Varesotto è stata denominata “Locale di Legnano – Lonate Pozzolo perché aveva creato una vera e propria “locale”, che nel gergo criminale delle ‘ndrine equivale ad una base operativa, così come ne esistono molte in Calabria.
Capo dell’organizzazione è stato segnalato Vincenzo Rispoli, nato nel 1962 a Cirò Marina e residente a Legnano, nipote di Giuseppe Farao-Marincola, capo della cosca della ‘ndrangheta di Cirò Marina. Il secondo livello dell’organizzazione era invece gestito da Mario Filippelli, classe ’73 residente a Lonate Pozzolo, che aveva il compito di organizzare e coordinare usure e rapine (ben 11 a banche e Poste nel 2007 nel territorio tra Legnano e Lonate).

Undici le ordinanze di custodia cautelare in carcere per l’articolo 416 bis del codice penale (associazione mafiosa), 28 per associazione a delinquere, estorsione, usura, incendio, riciclaggio, rapina, sfruttamento della prostituzione ed altro.


Gli omicidi

A partire dal 2005 sono sette gli omicidi accaduti per conflitti nati all’interno del gruppo:

  • Cataldo Murano, trovato carbonizzato nella sua auto in zona boschiva di Lonate Pozzolo il 6 gennaio 2005;
  • Giuseppe Russo, ucciso il 27 novembre 2005 all’interno di un bar di Lonate Pozzolo;
  • Alfonso Murano, ucciso a Ferno il 27 febbraio 2006;
  • Rocco Cristello, ucciso a Verano Brianza il 27 marzo 2008;
  • Carmelo Novella, ucciso a San Vittore Olona il 14 luglio 2008;
  • Cataldo Aloisio, ucciso a San giorgio sul Legnano il 27 settembre 2008;
  • Giuseppe Monterosso, ucciso a Cavaria con Premezzo il 6 maggio 2009.


La vicenda giudiziaria

Tutto sembrava andare per il verso giusto quando la Cassazione decide di liberare Vincenzo Rispoli, ritenuto capo della locale di ‘ndrangheta Legnano-Lonate Pozzolo e accusato di numerosi episodi di estorsione ai danni di imprenditori del Basso Varesotto, rapine e false fatturazioni.
Il ricorso eseguito dal suo avvocato, Michele D’agostino, per l’annullamento della misura cautelare che effettuata precedentemente. La scarcerazione è stata ordinata su decisione della Corte di Cassazione in quanto, come afferma il legale di Rispoli, “non basta essere parenti di un boss per essere definiti mafiosi”. Dunque l’imputato affronterà il processo da uomo libero.

Per quanto riguarda l’associazione semplice (criminale non di stampo mafioso) il pubblico ministero, Mario Venditti, ha chiesto un pena di 12 anni nei confronti di Mario Filippelli. Sarebbero state delle intercettazioni a compromettere la posizione del Filippelli: in una conversazione Nicodemo Filippelli e Mario Esposito si sarebbero accordati sull’omicidio che sarebbe dovuto avvenire nei boschi di Vanzaghello ai danni di Mario Filippelli, così come ordinato da Vincenzo Rispoli.
Prove certe che Mario Filippelli facesse  parte dell’associazione di stampo mafioso non ve ne sono: gli indizi portano di certo a dedurre che egli sarebbe stato a capo dell’associazione a delinquere semplice, ma l’accusa ha comunque chiesto per lui il reato di cui all’art. 416bis del codice penale.
Il legale del Filipelli si difende disfacendo la tesi del sostituto procuratore Mario Venditti in quanto ci sarebbero troppi pochi elementi per definire questo tipo di associazione e, agguantandosi alle parole dello stesso pm, afferma che non è possibile che egli facesse parte dell’associazione mafiosa in quanto a capo dell’associazione semplice. Punto di forza di Venditti rimane comunque l’intercettazione del tentato omicidio nei confronti di Mario Filippelli che ne fa capire l’importanza della persona.

Mano pesante dei giudici, il 28 maggio 2010, per Mario Filippelli, considerato il capo del braccio armato della cosca che operava nel Basso Varesotto e che è stata spazzata via dall’inchiesta Bad Boys. E’ stato condannato a 13 anni e 4 mesi di reclusione per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione. Era proprio lui che faceva da tramite tra i capi e i soldati che effettuavano rapine, estorsioni e usura. In più occasioni è stato lo stesso Filippelli a minacciare imprenditori e i commercianti che pagavano il pizzo.

E’ l8 giugno 2010 che nell’aula “Falcone e Borsellino” del Tribunale di Busto Arsizio si è svolta la prima udienza per il caso Bad Boys. A causa dell’assenza totale (se non per il caso del consigliere comunale di Lonate Pozzolo) di denunce da parte delle vittime, il pm ha dovuto trovare un legame tra le varie intercettazioni per portare una tesi abbastanza solida davanti al giudice Toni Adet Novik.
L’accusa è iniziata con l’inchiesta partita da due indagini dei Carabinieri di Varese e di Busto Arsizio denominate “Piromane” e “Dolce Vita”. Nella prima si indagava su episodi incendiari avvenuti in numerosi locali notturni e attività commerciali della zona di Lonate Pozzolo e Ferno, mentre l’altra ha preso le mosse da un presunto giro di estorsioni sempre a danno di locali pubblici.
Da questi due rami si è cominciato a ricostruire storie, profili di personaggi, fatti; fino a identificare i due livelli dell’organizzazione grazie all’uso dello strumento delle intercettazioni. Una volta capito dove si poteva arrivare le due indagini sono passate alla Dda di Milano che ha fatto il resto definendo il braccio armato, già andato a giudizio con i riti alternativi, e il livello che operava nell’ambito economico con una serie di imprese edili e locali intestati a prestanome o agli stessi capi. Venditti in conclusione non esclude la pista di poter fare luce su almeno tre dei cinque omicidi “eseguiti con modalità mafiose”, avvenuti tra Ferno, Lonate Pozzolo e il legnanese.
Durante questa prima udienza sono state esposte da parte delle difese tutta una serie di eccezioni riguardanti le intercettazioni eseguite in remoto, il deposito dei verbali degli interrogatori e l’impossibilità da parte della difesa di poter accedere ad alcuni decreti di proroga delle intercettazioni effettuati dal gip di Busto Arsizio che, sempre secondo gli avvocati, non sarebbero stati trasmessi alle difese.

Un clima che non si era mai visto nel Tribunale di Busto Arsizio, in un’aula gremita di gente (per lo più familiari degli imputati e alcuni curiosi). Durante il processo durato circa 2 ore ci sono stati scambi di baci e affettuosità tra gli imputati e i familiari. Era evidente il fastidio degli imputati per la numerosa partecipazione dei media che con i flash delle loro fotocamere e le riprese delle videocamere, suscitavano proteste dei detenuti. Tra i presenti in aula c’era anche Vincenzo Rispoli, il presunto capo della Locale.

Con la seconda udienza, tenutasi il 22 giugno 2010 ed avvenuta anch’essa nell’aula “Falcone e Borsellino”, si conclude la fase preliminare. Durante la stessa (di nuovo molto affollata di imputati, avvocati e parenti vari) sono una quindicina le richieste di associazione a delinquere di stampo mafioso: secondo l’accusa sarebbero i componenti di spicco di un’organizzazione che ha commesso decine di estorsioni a imprenditori e commercianti della zona, intimidazioni, usura, false fatturazioni ma anche i mandanti di una serie di rapine avvenute in uffici postali per poter finanziare la cosiddetta “bacinella”, ovvero la cassa comune della locale.
Il giudice Toni Adet Novik ha aperto la seduta mantenendo ancora il riserbo sulla decisione di sospendere i termini della custodia cautelare nei confronti degli imputati in carcere, come richiesto in sede di prima udienza dalla pubblica accusa rappresentata dal pm Mario Venditti, e respingendo tutte le eccezioni presentate dalla folta schiera di legali. Non sono state accolte le richieste di inutilizzabilità di alcune intercettazioni così come non è stato riscontrato alcun vizio nel diritto di tutela dell’indagato che, hanno sottolineato i giudici, è sempre stato tutelato nelle varie fasi dell’indagine, comunicando per tempo alle parti ogni passaggio e mettendo a disposizione degli indagati tutto il materiale difensivo. L’incompatibilità dei magistrati è stata respinta e anche gli interrogatori sono stati giudicati regolari. A seguire accusa, parti civili e difese hanno presentato le loro liste di testi che sono state tutte accolte da parte del collegio. Tra i molti testi che sono stati chiamati a deporre sono presenti anche alcuni collaboratori di giustizia che hanno avuto una certa importanza in fase di indagine permettendo alla Dda di definire molti degli scenari poi emersi.


13 luglio 2010: i 300 arresti e la nuova ‘Ndrangheta

Sono oltre 300 le persone arrestate in Calabria e in diverse località dell’Italia settentrionale. Tra i reati associazione di tipo mafioso, traffico di armi e stupefacenti, omicidio, estorsione, usura ed altri gravi reati. Si tratta della più imponente operazione di questo tipo degli ultimi anni. Le indagini sarebbero partite dall’omicidio di Carmelo Novella nominato capo di questo organismo, ma fatto uccidere il 14 luglio del 2008 in un bar di San Vittore Olona dai calabresi per le sue tendenze giudicate eccessivamente autonomiste.
“Si parla di 500 uomini affiliati alla ‘ndrangheta in Lombardia. Lo ha dichiarato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, spiegando la parte lombarda dell’inchiesta delle Procure di Milano e Reggio Calabria che ha portato al blitz di oggi contro la ‘ndrangheta’. Il magistrato ha spiegato di aver individuato circa 160 persone affiliate alle “locali” lombarde. Le locali sono raggruppamenti di ‘ndrine in genere ciascuna autonoma, ma con collegamento con la cosca madre calabrese e con l’organismo di controllo “Provincia Lombardia che regola la convivenza delle varie locali. “Noi abbiamo individuato 15 ‘locali’ che sono a Milano, Pavia, Bollate, Cormano, Bresso, Limbiate, Solaro, Pioltello, Corsico, Desio, Seregno, Rho, Legnano, Mariano Comense, Erba e Canzo, ma sappiamo che sono molte di più, radicate nel nostro territorio”.

Fra gli arrestati finiti dietro le sbarre accusati di essere affiliati alla ‘ndrangheta che operano nel territorio del Varesotto vi è, in oltre, il già noto Vincenzo Rispoli, sospettato di essere il capo della locale “Lonate Pozzolo-Legnano, con contatti stretti con i vertici della cosca Farao Marincola che domina a Cirò Marina, suo paese d’origine (è nipote di Giuseppe Farao, capobastone del clan cirotano). Il vice di Rispoli sarebbe Emanuele De Castro, classe 1968, muratore residente a Lonate Pozzolo ed originario di Cirò Marina, arrestato nell’operazione Bad Boys; come pure Nicodemo Filippelli, il lonatese d’importazione e cirotano d’origine, fratello del Mario Filippelli, condannato in primo grado a 13 anni e 4 mesi di carcere per associazione mafiosa ed estorsione. In manette Luigi Mancuso, classe 1977, commerciante di Busto Arsizio; Antonio Benevento, classe 1974, muratore di Legnano; Fabio Zocchi, classe 1962, immobiliarista residente a Gallarate; Vincenzo Alessio Novella di Legnano.
Affiliati alla locale di Bollate sarebbero invece Ernestino Rocca, Annunziato Vetrano e Orlando Attilio Vetrano, tutti residenti a Saronno.
Dalla nuova indagine si è confermato come gli arrestati di Legnano, Lonate Pozzolo, Gallarate e Busto Arsizio sono tutti appartenenti alla cosca legata ai Farao Marincola: organizzazione molto ricca e altrettanto ben introdotta negli ambienti che contano. I carabinieri solo a marzo avevano sequestrato alla cosca 20 milioni di euro, 17 società, 34 appartamenti, 4 bar e ristoranti, 1 terreno, 20 auto, 70 conti correnti. Gestivano bar e ristoranti e si trovavano per prendere decisioni al crossodromo di Cardano al Campo e in locali di Busto e Legnano.

Ammazzateci Tutti al processo contro la ‘ndrangheta

Sono fissate nei giorni 12, 19 e 26 ottobre, 2 e 23 novembre, 7, 14 e 21 dicembre, 11 e 25 gennaio, 1, 15 e 22 febbraio le udienze per il dibattimento del processo alla ‘ndrangheta di Lonate presso il Tribunale di Busto Arsizio.

Confermiamo oggi il nostro impegno nel portare i giovani del nostro territorio a seguire questo processo così importante nella lotta del fenomeno mafioso. Non vogliamo che le aule di giustizia siano riempite solo da chi quegli imputati li vorrebbe veder di nuovo liberi. Lo scopo che ci prefiggiamo è far sentire la nostra vicinanza a magistrati, forze dell’ordine ed ai, purtroppo pochi, commercianti che hanno deciso di denunciare, per far sentire loro la forza di una generazione che rifiuta “il puzzo del compromesso morale” ed ogni giorno si vuole impegnare per mettere in atto quelle politiche legalitarie che siano strumento di un’Italia libera dalle mafie.
Speriamo che quest’occasione possa anche essere motivo di crescita culturale e sociale per chi già da oggi è chiamato a spazzare via ogni possibile compromesso ed a non piegarsi di fronte alle crudeli pretese di una parte di popolazione minoritaria che vuole, attraverso la violenza, tenere in scacco quella che invece è la gente onesta e coraggiosa che ha il diritto di sentirsi anche libera.

Massimo Brugnone
Coordinatore regionale Ammazzateci Tutti Lombardia

Davide Borsani
Ammazzateci Tutti Busto Arsizio

Una Risposta

  1. non conosco la ‘ndrangheta e non ho idea di come funzioni. Sono un legnanese di nascita e posso dire con certezza assoluta che tutte le accuse sui miei concittadini sono delle emerite panzane; nessuno a legnano paga pizzo e tangenti; nessuno ha il monopolio di un tipo di attività o commercio; nessuno testimonia contro queste persone perchè nessuno ha nulla da dire…..se non il contrario. Commercianti derubati e vittime di rapine che rianno indietro il loro denaro; ristoratori che vengono pagati da persone che prima li aveva minacciati e cosi via.
    I malviventi in questione sono sempre tutti extracomunitari.
    Poi andiamo a vedere chi sono i veri sfruttatori di legnano; chi costruisce quasi in regime di monopolio, palazzine, ville, ospedali etc etc.
    Chi sono i veri corrotti e corruttori? …..non certo quelli che avete arrestato.

Lascia un commento